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Pubblica Amministrazione: l’Efficienza italiana inferiore alla media UE

Posted on 2 anni fa

Lo studio, pubblicato da Deloitte Italia, sulla semplificazione amministrativa e circa le iniziative per migliorare il rapporto tra Pa e imprese, ha evidenziato come l’efficienza di quest’ultima sia inferiore rispetto alla media degli altri Paesi Europei.

Tra le tante cause, sicuramente la grande frammentazione dell’amministrazione italiana: sono ben 10.500 le istituzioni che ne fanno parte.

Inoltre, la Pubblica Amministrazione italiana conta il numero più basso di dipendenti “giovani”, con una conseguente mancanza di profili aggiornati, detentori di competenze informatiche attuali e al passo coi tempi.

Percentuale di Giovani impiegati nelle P.A.

Il Mezzogiorno: criticità accentuate

Almeno 100 giorni all’anno sono sottratti al lavoro in azienda a causa del peso della burocrazia nelle Regioni del Sud Italia, a cui si aggiungono le inefficienze che frenano l’avvio di nuove attività. Inoltre, per le aziende che forniscono alla P.A. servizi e beni, c’è un attesa di pagamento di circa 17 giorni in più rispetto al Centro Nord.

Al contrario, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che hanno lavorato e portato avanti politiche e iniziative di semplificazione della burocrazia, registrano miglioramenti nel funzionamento della pubblica amministrazione.

Qualità dei Servizi pubblici – Variazione 2010 2017

Cosa andrebbe rivisto secondo lo studio di “Deloitte”:

  1. Cambiare approccio decisionale: da decisioni prese per correggere i singoli problemi a una strategia volta a prevedere i possibili effetti di ogni azione sulla complessità amministrativa percepita dalle imprese.
  2. Rivedere organizzazione e strumenti di erogazione dei servizi pubblici, per passare da un’offerta frammentata con punti di contatto multipli tra impresa e PA ad un approccio unitario e semplificato.
  3. Più collaborazione: è importante costruire un network di relazioni stabili con attori istituzionali di tutti i livelli per costruire insieme una strategia di lungo termine dell’intera PA.
  4. Rivedere il modo di lavorare della PA, non più focalizzata sul semplificare le singole procedure, ma volta a massimizzare l’intera esperienza dell’impresa, in ogni momento di vita e di interazione con la PA.
  5. Regolamentazione: guidare l’evoluzione normativa verso un cambiamento strutturato e integrato, abbandonando aggiornamenti puntuali con nuove norme in sovrapposizione a quelle già presenti.

Sintesi dello studio:

Troppo frammentata. L’amministrazione pubblica italiana è poco efficiente perché troppo frammentata: la PA conta in totale circa 10.500 istituzioni, molte delle quali diverse tra loro nelle modalità operative e con competenze che spesso tendono ad accavallarsi. Infatti, solo l’1,7% degli organi burocratici è centralizzato, mentre il rimanente circa 98% è sparpagliato in organi locali. Il risultato è un eccesso di norme e soggetti regolatori che rende difficile la vita alle imprese. Un vero e proprio labirinto amministrativo che costringerebbe ogni impresa a spendere fino a 1200 ore in iter amministrativi e comporterebbe un costo annuale della burocrazia per oltre 57 miliardi di euro.

Pochi giovani. Il personale della Pubblica Amministrazione italiana annovera tra i propri collaboratori solo il 2,2% di giovani contro il 30% di quella tedesca e il circa 21% della francese: una caratteristica che comporta una fisiologica mancanza di profili con competenze aggiornate. Inoltre, da un’analisi sui circa 3 milioni di dipendenti pubblici italiani emerge che la distribuzione in termini di anzianità di servizio ed età descrive una macchina amministrativa che necessità di un ricambio generazionale soprattutto per quanto riguarda le istituzioni che esercitano funzioni centrali: l’età media dei dipendenti pubblici di queste unità, infatti, è di circa 55 anni.

Poco digitale. Non esiste una vera mappatura delle competenze digitali del personale dell’apparato pubblico italiano. Ma la mancanza di digital skills nella PA è inevitabilmente legata al basso numero di giovani impiegati. Inoltre, circa il 60% dei dipendenti non è in possesso di laurea: un dato che, insieme alle caratteristiche anagrafiche dei dipendenti pubblici, contribuisce a spiegare il basso livelli di competenze digitali posseduto.

Anche per le imprese serve un cambio di passo. Se è vero che la PA deve essere riformata, anche sul fronte delle imprese c’è molto da fare. Circa il 95% delle attività italiane sono microimprese: una caratteristica che frena gli investimenti in innovazione e digitalizzazione. Inoltre i manager aziendali italiani tendono a essere più anziani della media: il 54% ha superato i 60 anni e il 28% è over 70. Nella classifica del DESI Index 2020, che misura la competitività digitale dei Paesi Ue, l’Italia si colloca ben al di sotto della media comunitaria: al 22° posto su 28. Così, solo il 10% delle nostre aziende a oggi si è costruita una presenza on-line ed è in grado di competere sul fronte della digitalizzazione.

“Riformare la burocrazia è una priorità assoluta per l’Italia ed è anche una condizione imprescindibile perché le risorse del Next Generation Eu diano i frutti sperati nei prossimi anni”

Fabio Pompei, ceo di Deloitte Italia

Scarica lo studio completo

(fonte https://www2.deloitte.com/it/it/pages/public-sector/articles/pubblica-amministrazione–semplificazione–digitalizzazione-competenze.html#1)

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