«Siamo a un bivio: o troviamo nuove strade o diciamo ai nostri clienti che non ritiriamo più i rifiuti. E questo creerebbe il caos». Sono queste le testimonianze degli operatori lombardi del settore: se fino alla metà del 2013 circa l’80% dei rifiuti di un’azienda andava a recupero energetico e il 20% rimanente finiva in discarica, negli ultimi anni ed in brevissimo tempo le percentuali si sono ribaltate, in quanto solo il 30% entra in termovalorizzazione, mentre la parte più grossa va a smaltimento in discarica.
Nel suo Rapporto 2017 Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, indica che tra il 2014 e il 2016 sono andati aumentando i rifiuti importati in Lombardia dall’estero, i quali si aggiungono ai rifiuti urbani affluiti da altre regioni italiane (creando difficoltà per lo smaltimento dei rifiuti “locali” raccolti in regione). A causa di questo “intasamento”, le aziende rischiano di superare il quantitativo massimo di rifiuti che possono essere stoccati temporaneamente.
Nonostante quindi la produzione dei rifiuti urbani sia scesa nel periodo dal 2007 al 2015 (da 32,4 milioni di tonnellate a 29,5 milioni di tonnellate a livello nazionale, da 5 a 4,6 a livello regionale)con un lieve aumento sono nel 2016), contemporaneamente alla crescita della racconta differenziata (+6 milioni di tonnellate, nel Paese, dal 2008 al 2016, e un andamento positivo anche a livello regionale), la situazione dello smaltimento dei rifiuti in Lombardia è diventata problematica.