I dati dell’ente commerciale European Bioplastics prevedono che la capacità di produzione di bioplastiche aumenterà da circa 2,11 milioni di tonnellate nel 2018 a circa 2,62 milioni di tonnellate nel 2023, poiché la domanda continua a salire. Nel Regno Unito, il governo ha fissato un obiettivo per raddoppiare le dimensioni della bioeconomia globale, di cui gli imballaggi sono una parte piccola ma in crescita, a £ 440 miliardi entro il 2030 come parte della sua ambizione di rimuovere la dipendenza dell’economia dalle risorse fossili finite.
In primo luogo, tuttavia, il governo deve fornire chiarezza su come intende definire e regolare le bioplastiche immesse sul mercato. A ottobre, BEIS e DEFRA hanno chiuso una consultazione congiunta sui nuovi standard per le materie plastiche a base biologica, biodegradabili e compostabili e sui loro impatti ambientali, e i risultati sono attualmente in fase di analisi. L’attuale confusione e conflitto, poi, tra i termini “biobased”, “biodegradabile” e “compostabile” è stata citata dagli esperti come una barriera al sano sviluppo del settore.
La recente guida di WRAP sugli imballaggi in plastica compostabile è stata universalmente accolta come un passo nella giusta direzione. Il documento si propone di chiarire che cos’è l’imballaggio di plastica compostabile, delineare l’attuale panorama della gestione dei rifiuti, identificare le applicazioni chiave e le opportunità per i composti alimentari all’interno dell’infrastruttura esistente e valutare come comunicare al meglio il loro uso con il pubblico. Significativamente, però, ha messo in guardia contro l’uso del termine “biodegradabile” per materiali plastici, osservando che mentre tutte le materie plastiche compostabili sono biodegradabili, non tutte le materie plastiche biodegradabili sono compostabili: non tutte le materie plastiche a base biologica sono compostabili o addirittura biodegradabili e, allo stesso modo, affinché un materiale plastico sia compostabile non è necessario che sia realizzato con materiali a base biologica.
Ai sensi della direttiva UE sulle materie plastiche monouso, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per ottenere una “riduzione ambiziosa e duratura” del consumo di prodotti di plastica monouso, compresi bicchieri e contenitori per bevande da asporto. La direttiva afferma che: “le materie plastiche fabbricate con polimeri naturali modificati o le materie plastiche prodotte da sostanze di partenza a base biologica, fossili o sintetiche non sono presenti in natura e dovrebbero pertanto essere disciplinate dalla presente direttiva“. Si prosegue affermando che la definizione di plastica dovrebbe comprendere “materie plastiche a base biologica e biodegradabili indipendentemente dal fatto che siano derivate dalla biomassa o che siano destinate a biodegradarsi nel tempo“.
Ciò che la direttiva fa è ampliare i parametri del dibattito per concentrarsi su tutti i materiali plastici usa e getta, indipendentemente dal modo in cui sono realizzati, un dibattito che le ONG desiderano alimentare.
Paula Chin, specialista dei materiali sostenibili del WWF, ha dichiarato: “in fin dei conti si tratta sempre di monouso. Significa ancora utilizzare preziose risorse dal pianeta per applicazioni a breve termine. I materiali innovativi hanno un ruolo da svolgere? Assolutamente, ma non appena saremo in grado di identificare qual è quel ruolo e i limiti della loro applicazione nel sistema attuale, prima potremo andare avanti tutti“.