Con sentenza 20 marzo 2024, n. 11617, la Corte di Cassazione ha affermato che i soggetti che intervengono nella gestione dei rifiuti rispondono non solo della regolarità del loro operato ma anche di quello di coloro che li precedono e li seguono nella filiera, essendo tenuti ad un controllo.
La Corte sostiene che, andando ad esaminare gli articoli 188 e 193 del Dlgs 152/2006, emerge un quadro di responsabilità nella gestione dei rifiuti che non si ferma alla regolarità delle operazioni poste in essere dal soggetto imputato, dovendo egli anche verificare la regolarità delle attività di chi lo ha preceduto o lo seguirà nell’ambito della filiera della gestione del rifiuto: un controllo che riguarda quanto dichiarato dal produttore o dal trasportatore, effettuato verificando la regolarità dei formulari e del possesso delle prescritte autorizzazioni.
Inoltre, nel caso di confisca del profitto del reato, tale profitto non può essere ricondotto alla nozione di “utile netto”; la confisca infatti ha lo scopo di riequilibrare lo status quo precedente la commissione del reato, pertanto va riferita a tutto ciò che consegue in via immediata e diretta al reato, senza considerare gli eventuali costi sostenuti, la cui detrazione sottrarrebbe il colpevole al rischio economico del reato.
Infine, per quanto concerne i reati plurisoggettivi, vige il principio solidaristico per cui “se non è possibile individuare la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente, o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno”.