La plastica è un materiale straordinariamente versatile e largamente adattabile a molti usi; gli oggetti in plastica sono duraturi, forti, leggeri, resistenti ad impatti e agenti chimici, oltre che essere impermeabile. Provando a fare un confronto, ci possiamo accorgere immediatamente di quanto il metallo consumi molta più energia della plastica nella fase di produzione, è più suscettibile alla corrosione e può essere impiegato per la realizzazione solo di una lista ristretta di prodotti; gli oggetti in carta, invece, presenta una durata di vita inferiore, è più facile che vengano danneggiati dall’acqua, e rispetto alla plastica viene impiegata più energia e acqua per quanto riguarda la loro fase di produzione.
Non ci dobbiamo dimenticare di tutti i significativi vantaggi che la plastica possiede rispetto ad altri materiali “alternativi”, e che in questo periodo il ruolo della plastica nel settore imballaggio è spesso sottovalutato. Come risultato di un costante “bombardamento” di notizie negative “anti-plastica” da parte di canali mediatici, piattaforme, rivenditori, compagnie, associazioni e governi, si è iniziata a diffondere l’idea e l’intenzione di andare a ridurre i quantitativi di rifiuto plastico proveniente da imballaggio e mono-uso (questo attraverso di azioni di “divieto” di determinati prodotti, alzando i livelli di recupero e riciclo e ponendo l’attenzione su un maggiore utilizzo di plastiche riciclate come obiettivo dell’economia circolare).
Un altro punto di riflessione importante è il seguente: prima di dibattere a lungo di un “allontanamento dalla plastica” e di una discriminazione totale di questo materiale, bisognerebbe analizzare e prendere in considerazione tutta la filiera, valutando l’impiego di risorse naturale e l’impatto ambientale delle nostre scelte. Cosa potrà sostituire la plastica? Metallo? Legno? Carta? Vetro? In riferimento a questa riflessione, solo per portare un esempio, uno studio condotto dall’American Chemistry Council ha stimato che, utilizzando nell’industria dell’imballaggio materiali alternativi rispetto alla plastica (come ad esempio vetro, lattine o alluminio), i costi ambientali dovuti a questo cambio di paradigma sarebbero cinque volte superiori.
Prima di poter esprimere sentenze, troppo spesso frutto di assurde considerazioni prive di fondamento scientifico, bisognerebbe capire e riconoscere il grande valore che la plastica ha come materiale: bisogna sradicare completamente la percezione della plastica come un materiale economico e di poco valore, e cominciare finalmente a comprendere tutti gli innumerevoli benefici che la plastica porta, della sua grande possibilità di essere riciclata più volte diventando nuovo prodotto e tutti gli altri suoi aspetti positivi.
Anche secondo quanto sottolineato da Tomi Nyman, direttore del settore Management Consultancy di Pöyry in Finlandia, è chiaro che la sostituzione della plastica non risolverà il problema: la plastica ha valore, anche se rifiuto, e noi preferiamo continuare ad estrarre petrolio per produrre nuova plastica e alla fine letteralmente “buttarla via” o bruciarla; tutti i prodotti e gli imballaggi in plastica sono essi stessi materie prime di valore e dovrebbero essere trattati come tali dopo il loro utilizzo, e questo è possibile solo per mezzo del riciclo. Secondo Nyman, la sfida per il futuro non consiste nel cercare alternative alla plastica come materiale, ma assicurarsi e fare in modo che tutta la plastica esistente venga riciclata e riutilizzata.
Solo per mezzo di una diffusa e corretta educazione l’intera filiera prenderà finalmente la coscienza e la comprensione che merita e che è venuta un po’ a mancare in questi ultimi tempi. Prima di pensare ad una “sostituzione in blocco” di questo materiale straordinario, bisognerebbe valutare con attenzione tutte le possibili variabili, gli alti libelli di efficienza e performance che la plastica ha, e calcolare il grande impatto che questa “sostituzione” provocherebbe nell’intera filiera. Stando anche a quanto evidenziato dagli studi e a quanto comincia finalmente ad emergere da alcune visioni più macroscopiche, avremmo molto più da perderci che da guadagnarci, in ogni aspetto.