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Molly Zhongnan Jia, ricercatrice di Greenpeace East Asia: “Le bioplastiche non risolveranno il problema della plastica in Cina”

Posted on 2 anni fa

Arriva da Greenpeace East Asia il nuovo rapporto “Biodegradable plastics: Breaking Down the Facts – composition and enviromental impact”, secondo il quale – citiamo testualmente –

L’aumento della produzione di plastica biodegradabile non risolverà la crisi dell’inquinamento da plastica in Cina. Se la corsa alla produzione di plastica biodegradabile continua, l’industria dell’e-commerce cinese è sulla buona strada per produrre circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica biodegradabili all’anno entro il 2025.

Un tasso di crescita delle consegne di prodotti acquistati online destinao a crescere del 27,6% ogni anno, con circa il 9% degli imballaggi degli stessi fatti in plastica, cosa che ha portato nel 2017 il Governo Cinese, con la direttiva Guiding Opinions on Coordinating the Promotion of Green Packaging in the Express Industry, a chiedere che entro il 2020 il 50% della plastica utilizzata nelle consegne venga sostituita dalla biodegredabile.

Non solo: la direttiva Opinions of the National Development and Reform Commission and the Ministry of Ecological Environment on Further Strengthening the Treatment of Plastic Pollution richiede la completa eliminazione della plastica non degradabile dalle consegne online entro il 2025.

La differenza tra rifiuti organici e capacità di compost: un confronto tra nazioni selezionate. 

(Quantità annuale in milioni di tonnellate)

Tuttavia, secondo il calcolo fatto da Greenpeace East Asia, le bioplastiche non risolveranno la crisi della plastica in Cina;

Molly Zhongnan Jia, ricercatrice di Greenpeace East Asia, sottolinea che

Passare da un tipo di plastica a un altro non può risolvere la crisi dell’inquinamento da plastica che stiamo affrontando. Molte plastiche biodegradabili richiedono condizioni di temperatura e umidità specifiche per decomporsi, che non si trovano in natura. In assenza di strutture di compostaggio controllate, la maggior parte delle plastiche biodegradabili finisce nelle discariche o, peggio, nei fiumi e nell’oceano. Il termine “plastica biodegradabile” può essere fuorviante. La maggior parte delle plastiche biodegradabili si degradano solo  entro sei mesi in impianti di compostaggio controllato a temperature fino a 50 gradi Celsius e condizioni di umidità gestite con cura.

Greenpeace East Asia ricorda che «L’industria cinese delle materie plastiche biodegradabili ha visto una crescita esplosiva negli ultimi anni, guidata da una legislazione progettata per ridurre il volume dei rifiuti di plastica. Nel gennaio 2020, il governo cinese ha vietato diversi tipi di plastica monouso, cin efficacia nelle principali città entro la fine del 2020 e a livello nazionale entro il 2025. In particolare, le “plastiche degradabili” sono esentate dal divieto della plastica monouso. A partire da quest’anno, 36 aziende hanno pianificato o costruito nuovi impianti di produzione di plastica biodegradabile in Cina, con una capacità di produzione aggiuntiva di oltre 4,4 milioni di tonnellate, un aumento di 7 volte in meno di 12 mesi».

Per la Jia,

Questa “corsa ai biodegradabili” deve finire. Dobbiamo esaminare con cautela l’effetto e i potenziali rischi dell’integrazione di questi materiali e assicurarci di investire in soluzioni che riducano effettivamente i rifiuti di plastica. I sistemi di imballaggio riutilizzabili e una riduzione dell’utilizzo generale della plastica sono strategie molto più promettenti per tenere la plastica fuori dalle discariche e dall’ambiente.

Scarica il Rapporto di Greenpeace
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