L’applicazione del nuovo introito fiscale versato dagli Stati membri presenta ancora troppe criticità secondo il revisore europeo.
La plastics tax Introdotta tre anni fa, la tassa europea sugli imballaggi non riciclati ha contribuito l’anno scorso a rimpinguare con 7,2 miliardi di euro il bilancio UE, anche se – afferma la Corte dei Conti europea -, il provvedimento non ha funzionato come avrebbe dovuto, i dati su cui si basa l’imposta sono poco affidabili e scarsamente comparabili; inoltre, il monitoraggio non è tempestivo, con molti paesi membri che si sono mostrati impreparati alla sfida.
La risorsa propria dell’UE basata sulla plastica – così viene definita da Bruxelles -, oltre a contribuire ai fondi dello strumento europeo per la ripresa, dovrebbe incentivare la riduzione del consumo di prodotti monouso in plastica, promuovere il riciclo e fornire un impulso all’economia circolare.
Gli Stati membri sono chiamati a contribuire con 0,80 euro per chilogrammo di rifiuto di imballaggio in plastica non riciclato. Poiché i dati sul consumo sono disponibili solo dopo due anni, i contributi sono calcolati su stime che vengono di volta in volta rettificate. Nel 2023, per esempio, le entrate di questa imposta sono ammontate a 7,2 miliardi di euro, pari al 4% di quelle complessive dell’UE.
Nel suo rapporto, la Corte dei Conti europea segnala che solo cinque paesi UE hanno recepito entro i termini le disposizioni della direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio nella legislazione nazionale, tanto da indurre la Commissione ad avviare procedure di infrazione.
Nella maggior parte dei paesi, tra cui l’Italia, la Corte ha rilevato che almeno una disposizione fondamentale (ad esempio, la definizione di “plastica”, di “imballaggio”, o il calcolo dei rifiuti di imballaggi di plastica generati e riciclati) non è stata recepita correttamente.
C’è anche un altro aspetto segnalato dalla Corte dei Conti UE: in mancanza di controlli adeguati, vi è un rischio elevato che alcuni rifiuti di imballaggio di plastica non vengano riciclati. Se i rifiuti dichiarati come riciclati vengono invece inceneriti o conferiti in discarica, ciò non solo costituisce un reato ambientale, ma si traduce anche in una indebita riduzione degli importi dovuti a Bruxelles.
La Corte rileva che lo stesso rischio si estende ai rifiuti di plastica esportati al di fuori dell’UE, in quanto gli stati membri non sono oggi in grado di verificare che questi vengano effettivamente riciclati secondo gli standard europei.
Le risorse proprie dell’Unione europea, in cui rientra anche la nuova tassa sugli imballaggi in plastica, costituiscono le principali fonti di entrate del bilancio comunitario. Fino al 2021 erano tre: quelle tradizionali, principalmente derivanti dai dazi doganali applicati alle importazioni verso l’UE; l’imposta sul valore aggiunto e un’altra risorsa basata sul reddito nazionale lordo.