Nel 2024 il settore italiano del riciclo meccanico delle plastiche mostra una situazione complessa, caratterizzata da una crescita della produzione che però non si riflette positivamente sul mercato. La produzione di polimeri riciclati è aumentata del 3,2%, raggiungendo 883mila tonnellate, ma il fatturato del comparto registra un lieve calo dello 0,8%, attestandosi a 690 milioni di euro, con i prezzi delle materie prime seconde ai minimi storici dal 2020. Questa dinamica è frutto di una pressione competitiva crescente da parte dei polimeri vergini, di una domanda altalenante e di prezzi che frenano la redditività del settore.
Dal punto di vista ambientale, il riciclo meccanico rimane un elemento strategico, poiché ogni tonnellata di plastica riciclata evita emissioni di CO₂ comprese tra 1,1 e 3,6 tonnellate rispetto a incenerimento, discarica o produzione da materiale vergine. A livello nazionale, questo si traduce in un potenziale risparmio annuo di 7,2 milioni di tonnellate di CO₂, un contributo significativo agli obiettivi di sostenibilità italiani fissati per il 2040.
L’andamento dei diversi materiali mostra differenze rilevanti. Il PET, grazie alle normative europee sul bottle-to-bottle, registra un boom produttivo in Italia con un incremento del 17,2%, superando le 230mila tonnellate, ma a livello europeo il crollo dei prezzi del materiale vergine ha ampliato lo spread con il riciclato, spingendo alcuni operatori a preferire il vergine. Solo in seguito a un’indagine antidumping sul PET vietnamita e all’aumento dei costi asiatici si è visto un riequilibrio del mercato. Il polietilene gode di una domanda sostenuta soprattutto nel packaging: l’HDPE naturale mantiene prezzi stabili con un margine positivo rispetto al vergine, mentre l’LDPE traslucido, trainato dalla domanda per film multipack, ha superato il prezzo del materiale vergine. Per il polipropilene, i pallet neri utilizzati in edilizia e giardinaggio sono aumentati di prezzo a causa della scarsità di offerta, mentre i pallet naturali hanno perso terreno a causa della concorrenza del materiale off-grade. Polistirene e ABS mostrano segnali contrastanti, con il polistirene che si riprende leggermente grazie al settore edilizio, mentre l’ABS resta in difficoltà per l’eccesso di offerta e la domanda debole.
Il comparto italiano comprende circa 350 imprese, con 86 impianti specializzati nel trattamento post-consumo, concentrati principalmente in Lombardia, che detiene il 37% degli impianti, seguita dal Sud con il 23%. La spinta principale arriva dagli imballaggi rigidi e flessibili, mentre settori come casalinghi, garden e agricoltura registrano una contrazione. La principale preoccupazione riguarda la tenuta economica del settore, che rischia di essere compromessa se non verranno applicate con rigore le normative europee sui contenuti minimi di materiale riciclato. Senza queste misure, infatti, il vantaggio competitivo delle materie prime seconde potrebbe essere eroso dai bassi prezzi dei polimeri vergini, lasciando la transizione verso un’economia circolare in balia delle decisioni regolatorie, degli incentivi e della stabilità della domanda.