Per Plastics Recyclers Europe gli impianti di riciclo europei sono giunti ormai al “punto di rottura”; come misura urgente chiesta a Bruxelles dall’associazione vi è una serie di controlli più severi sulle importazioni di materiale riciclato extra-UE e restrizioni all’ingresso dei materiali che non rispettano gli standard di sostenibilità e sicurezza in vigore in Europa
Le ragioni della crisi sono state più volte enumerate dai riciclatori europei: alcune sono di origine macro, come il calo della produzione interna, l’aumento delle importazioni di beni e le crescenti pressioni sulla redditività delle imprese; altre sono più specifiche, come gli elevati oneri energetici e la recente impennata dei costi dei rifiuti in ingresso, a cui si aggiunge la concorrenza di materiali importati a basso costo, spesso accompagnati da dichiarazioni fraudolente a causa della mancanza di trasparenza sull’origine dei materiali.
Secondo Plastics Recyclers Europe, le importazioni di polimeri riciclati e vergini rappresentano oggi oltre il 20% del consumo di polimeri nell’UE, mentre la produzione interna di materiale riciclato è diminuita del 5% per la maggior parte dei polimeri. E si prevede che la produzione di plastica possa tornare sui livelli di venticinque anni fa, nonostante il consumo di polimeri continui a crescere.
Allo stesso tempo, le esportazioni di rifiuti plastici dall’UE sono aumentate l’anno scorso del +36% rispetto al 2022; tutto ciò ha portato al più lento incremento della capacità di riciclo degli ultimi anni, accompagnato da una crescente chiusura di impianti. Come effetto collaterale, gli obiettivi dell’UE per il riciclo e la sostenibilità del 2025 rischiano di non essere raggiunti.