Il 2025 non sarà di certo ricordato come un anno placido dal punto di vista delle tensioni geopolitiche internazionali. Uno dopo l’altro infatti si sono accesi, amplificati o rafforzati scenari di guerra su più fronti. Sussistono in Ucraina, Pakistan e India, si aggravano quelli tra Iran ed Israele, solo per citarne alcuni. Potrà sembrare egoistico, ma a rimetterci in solido dal punto di vista energetico, tra i tanti, ci sarà anche l’Italia. La nostra nazione infatti si era slegata nel 2021 da alcuni contesti “scomodi”, ma seguita ad importare più del 40% del suo mix energetico tra petroli e gas da aree tumultuose. Così facendo resta esposto il fianco del sistema industriale nazionale insieme a quello della produzione, risentendo di costi maggiori per tutto il comparto. Tra le conseguenze inserite nelle previsioni del MEF si potrà vedere un calo di 0,2% del PIL nel 2026 e di 0,1% nel 2027 oltre ad una crescente pressione inflazionistica che rallenterà di certo l’espansione delle politiche economiche della BCE. Si temono inoltre rallentamenti sugli investimenti che, di conseguenza, porteranno ad una ulteriore flessione del comparto manifatturiero italiano, già provato dai cali del 2024. Sul fronte export poi le notizie non migliorano: il 10% di questo mercato infatti si radica proprio nei paesi coinvolti dall’instabilità geopolitica. I più colpiti, oltre al mondo moda, gioielleria, alimentare e mobili sono proprio i produttori di macchinari, segmenti che, se sommati, valgono più di 20 miliardi di euro. Il rischio per queste realtà è un annichilimento che potrebbe minarle dalle fondamenta. Sicurezza energetica e produttività sono strettamente collegate, ancor di più in Italia. Urgono dunque misure all’altezza della situazione, creando una barriera strategica che, fornendo alternative di risorse e mercati possa tutelare e, perché no, mutare il destino delle traiettorie economiche del paese.
Energia e industria sotto pressione: l’instabilità geopolitica minaccia approvvigionamenti e ripresa produttiva
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