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Dazi, energia e consumi: come la filiera del riciclo italiano rischia la paralisi

Posted on 4 mesi fa

Lo scorso 18 marzo è stata celebrata la festa del riciclo, ma non è stata particolarmente presa in considerazione, così come la giornata internazionale della felicità del 20 marzo e la giornata mondiale dell’acqua dello scorso 22 marzo.

Considerato il fatto che di questi tempi ogni giorno si festeggia qualcosa, sarebbe opportuno indire anche ad una festa sui dazi, o perché no una festa sul fermo dei consumi e così via, temi di importanza primaria su cui è invece necessario soprattutto fare una riflessione.

Plastics, l’associazione dei produttori statunitensi di materie plastiche sta già valutando l’effetto dei dazi ritorsivi che l’Unione Europea potrebbe applicare ai prodotti americani a fronte delle tariffe imposte dagli USA su acciaio e alluminio: a tal proposito sarebbero stati identificati ben 1.708 prodotti soggetti a possibili contromisure, tra cui 60 a base di resine e plastiche; considerato che le importazioni negli USA degli stessi prodotti europei sono state l’anno scorso pari a 4,3 miliardi di dollari, le contromisure proposte dall’UE potrebbero mettere a rischio un potenziale surplus commerciale statunitense di 1,6 miliardi di dollari nel 2025.

Oltre a questo importante fattore dei dazi, risulta allarmante inoltre la questione relativa ai consumi: secondo uno studio recentemente pubblicato da Plastic Consult, la tendenza di medio periodo, vede un lento declino dei consumi, che trova conferma anche nel 2024. L’anno scorso, infatti, la domanda dei principali polimeri termoplastici vergini si è attestata poco sopra i 5 milioni di tonnellate, sostanzialmente in linea con l’anno precedente (-0,2 %), evidenziando una debolezza strutturale ormai diventata cronica; in questa panoramica si è ben lontani dal picco di 7,15 milioni di tonnellate toccato nel 2007, che difficilmente rivedremo in futuro.

Le aspettative di una ripresa dell’economia continentale nel 2026 potrebbero portare a un lieve recupero dei consumi di materie plastiche, ma si ritiene non superiore a un punto percentuale.

Per quanto riguarda l’export italiano, nel 2024 le nostre vendite all’estero hanno toccato i 623,5 miliardi di euro, 2,4 miliardi in meno (-0,4 %) rispetto ai risultati ottenuti nel 2023; tuttavia, se il confronto lo facciamo con il 2019, anno pre-Covid, il nostro export è cresciuto di ben 143 miliardi (+30 %).

Oltre alle questioni relative a dazi e consumi, vi sono anche altri aspetti che destano preoccupazione: dopo la riduzione registrata nel 2024, i costi energetici sono tornati a salire all’inizio di quest’anno, con il prezzo unico dell’energia elettrica (PUN) che ha superato, a livello nazionale, i 150 €/MWh a metà febbraio; un secondo elemento critico è rappresentato da fattori che possono essere considerati strutturali o quanto meno persistenti, come ad esempio la progressiva contrazione della produzione industriale nell’Eurozona, causata da una perdita di competitività a livello globale per i più elevati costi rispetto ad altre aree geografiche.

C’è poi un tema legato alle crescenti importazioni di polimero vergine, a minor costo, da impianti extra UE, causata dalla perdita di competitività della petrolchimica europea; import che per alcuni polimeri ha già superato nel 2024 il 50% del fabbisogno interno, peraltro aiutando le imprese nazionali a mantenere sotto controllo i costi.

Luciano Pazzoni Presidente del Consorzio C.A.R.P.I. (Consorzio Autonomo Riciclo Plastica Italia) sottolinea che, sull’intera filiera del riciclo l’eccessiva regolamentazione a livello nazionale e comunitario: i vincoli imposti dalla direttiva SUP e dal Regolamento Imballaggi (PPWR), stanno portando a un aumento dei costi per le imprese, creando ulteriori difficoltà soprattutto nel settore degli imballaggi, che consuma circa la metà dei polimeri vergini trasformati nel nostro paese. Infatti, oltre a quanto elencato e per via delle pratiche concorrenziali spesso molto spregiudicate da parte di produttori di riciclato (o presunto tale) extra UE, il comparto del riciclo delle plastiche rischia di collassare anziché crescere.

Infine in Italia, con nostro grande rammarico, malgrado tutti i solleciti, gli allarmi lanciati, gli sos, ecc. ecc. alle istituzioni, permane il silenzio.

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