C.A.R.P.I – Consorzio Autonomo Riciclo Plastica
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gennaio 2019

Punto sui sacchetti per l’ortofrutta ad un anno dalla legge

E’ stata presentata in occasione della fiera bolognese Marca, manifestazione italiana dedicata alla marca commerciale, una ricerca svolta dall’Istituto Nielsen con la finalità di valutare gli effetti sul consumo di prodotti ortofrutticoli portati dall’introduzione, un anno fa, dei sacchetti biodegradabili e compostabili a pagamento per il confezionamento di frutta e verdura sfusa.
Secondo l’indagine, nel 2018 non si è verificato il crollo dei consumi dei prodotti sfusi, ipotizzato in un primo momento dopo l’applicazione della legge: quello che i dati evidenziano è un modesto calo delle vendite di frutta e verdura sfusa, pari a 5,5%, a favore di quella confezionata (+13% per la frutta e +5% per la verdura). La preferenza verso frutta e verdura confezionate è indicata dal fatto che questa scelta viene ritenuta più comoda e pratica rispetto al prodotto sfuso.
Stando ai dati raccolti dagli intervistati, emerge che gli italiani sono a conoscenza della normativa (97% degli intervistati) e del fatto che essa preveda il pagamento dei sacchetti per frutta e verdura (il 99% degli intervistati). Lo studio evidenzia inoltre che il 65% del campione intervistato preferirebbe che i sacchetti fossero di una plastica biodegradabile più robusta di quella attuale, e che ne venisse diversificato il formato a seconda del tipo di prodotto e della quantità da acquistare (64%).

  • 29 gennaio, 2019
  • Italia, Normative, Notizie, Ricerca
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Sostituire la plastica? Impossibile!

La plastica è un materiale straordinariamente versatile e largamente adattabile a molti usi; gli oggetti in plastica sono duraturi, forti, leggeri, resistenti ad impatti e agenti chimici, oltre che essere impermeabile. Provando a fare un confronto, ci possiamo accorgere immediatamente di quanto il metallo consumi molta più energia della plastica nella fase di produzione, è più suscettibile alla corrosione e può essere impiegato per la realizzazione solo di una lista ristretta di prodotti; gli oggetti in carta, invece, presenta una durata di vita inferiore, è più facile che vengano danneggiati dall’acqua, e rispetto alla plastica viene impiegata più energia e acqua per quanto riguarda la loro fase di produzione.

Non ci dobbiamo dimenticare di tutti i significativi vantaggi che la plastica possiede rispetto ad altri materiali “alternativi”, e che in questo periodo il ruolo della plastica nel settore imballaggio è spesso sottovalutato. Come risultato di un costante “bombardamento” di notizie negative “anti-plastica” da parte di canali mediatici, piattaforme, rivenditori, compagnie, associazioni e governi, si è iniziata a diffondere l’idea e l’intenzione di andare a ridurre i quantitativi di rifiuto plastico proveniente da imballaggio e mono-uso (questo attraverso di azioni di “divieto” di determinati prodotti, alzando i livelli di recupero e riciclo e ponendo l’attenzione su un maggiore utilizzo di plastiche riciclate come obiettivo dell’economia circolare).

Un altro punto di riflessione importante è il seguente: prima di dibattere a lungo di un “allontanamento dalla plastica” e di una discriminazione totale di questo materiale, bisognerebbe analizzare e prendere in considerazione tutta la filiera, valutando l’impiego di risorse naturale e l’impatto ambientale delle nostre scelte. Cosa potrà sostituire la plastica? Metallo? Legno? Carta? Vetro? In riferimento a questa riflessione, solo per portare un esempio, uno studio condotto dall’American Chemistry Council ha stimato che, utilizzando nell’industria dell’imballaggio materiali alternativi rispetto alla plastica (come ad esempio vetro, lattine o alluminio), i costi ambientali dovuti a questo cambio di paradigma sarebbero cinque volte superiori.

Prima di poter esprimere sentenze, troppo spesso frutto di assurde considerazioni prive di fondamento scientifico, bisognerebbe capire e riconoscere il grande valore che la plastica ha come materiale: bisogna sradicare completamente la percezione della plastica come un materiale economico e di poco valore, e cominciare finalmente a comprendere tutti gli innumerevoli benefici che la plastica porta, della sua grande possibilità di essere riciclata più volte diventando nuovo prodotto e tutti gli altri suoi aspetti positivi.

Anche secondo quanto sottolineato da Tomi Nyman, direttore del settore Management Consultancy di Pöyry in Finlandia, è chiaro che la sostituzione della plastica non risolverà il problema: la plastica ha valore, anche se rifiuto, e noi preferiamo continuare ad estrarre petrolio per produrre nuova plastica e alla fine letteralmente “buttarla via” o bruciarla; tutti i prodotti e gli imballaggi in plastica sono essi stessi materie prime di valore e dovrebbero essere trattati come tali dopo il loro utilizzo, e questo è possibile solo per mezzo del riciclo. Secondo Nyman, la sfida per il futuro non consiste nel cercare alternative alla plastica come materiale, ma assicurarsi e fare in modo che tutta la plastica esistente venga riciclata e riutilizzata.

Solo per mezzo di una diffusa e corretta educazione l’intera filiera prenderà finalmente la coscienza e la comprensione che merita e che è venuta un po’ a mancare in questi ultimi tempi. Prima di pensare ad una “sostituzione in blocco” di questo materiale straordinario, bisognerebbe valutare con attenzione tutte le possibili variabili, gli alti libelli di efficienza e performance che la plastica ha, e calcolare il grande impatto che questa “sostituzione” provocherebbe nell’intera filiera. Stando anche a quanto evidenziato dagli studi e a quanto comincia finalmente ad emergere da alcune visioni più macroscopiche, avremmo molto più da perderci che da guadagnarci, in ogni aspetto.

  • 25 gennaio, 2019
  • Ambiente, Articoli, CARPI, Europa, Italia, Ricerca
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Nasce “Alliance to End Plastic Waste” (AEPW)

Una trentina di aziende, associazioni e multinazionali che operano in vari ambiti dell’industria della plastica hanno promosso la nascita dell’alleanza globale “Alliance to End Plastic Waste” (AEPW), presentata ufficialmente a Londra in diretta streaming il 16 gennaio. Si tratta di un’organizzazione non-profit che ha la finalità di “proporre soluzioni innovative per contrastare la dispersione dei rifiuti di plastica nell’ambiente, in particolare negli oceani”: l’alleanza intende sviluppare e diffondere soluzioni di scala con lo scopo di andare a ridurre e gestire in maniera più efficiente ed efficace il rifiuto plastico, migliorando i sistemi di raccolta, promuovendo l’impiego di materiale riciclato e proponendo soluzioni in totale accordo con i princìpi dell’economia circolare e volte ad agevolarne lo sviluppo.

Le aziende partecipanti hanno deciso di stanziare oltre 1 miliardo di dollari di investimenti, con l’intenzione e l’obiettivo di arrivare a 1,5 miliardi nei prossimi cinque anni.

Come esposto durante la diretta streaming, quasi l’80% dei rifiuti plastici dispersi in  mare deriva da rifiuti prodotti sulla terraferma (e, che nella gran maggioranza dei casi, raggiunge il mare per mezzo dei fiumi); inoltre, è stato esposto un recente studio il quale ha evidenziato che oltre il 90% della plastica dispersa in mare proviene dai 10 principali corsi d’acqua del mondo (di cui, 8 in Asia e 2 in Africa), e che ben il 60% dei rifiuti in plastica presenti nell’oceano proviene da 5 paesi del Sud-est asiatico.

Nei prossimi mesi l’Alliance intende promuovere ulteriori investimenti e favorire progresso e sviluppo in quattro principali aree:

– Lo sviluppo delle infrastrutture per raccogliere e gestire i rifiuti e per aumentare il riciclaggio dei rifiuti.

– Il supporto alle innovazioni per proporre e realizzare nuove tecnologie in grado di facilitare il riciclaggio e il recupero della plastica, generando valore dalla plastica già utilizzata.

– La formazione e il coinvolgimento di governi, aziende e comunità per mobilitare l’azione.

– La pulizia delle aree con la maggior concentrazione di rifiuti plastici già presenti nell’ambiente, con un’attenzione particolare per i principali canali dei rifiuti, come i fiumi che li trasportano verso il mare.

Come ha affermato Bob Patel, CEO di LyondellBasell e vicepresidente di AEPW, “la storia ci ha dimostrato di come l’azione collettiva e le collaborazioni tra le aziende, governi e NGOs possano apportare soluzioni innovative per vincere una sfida globale come questa”. Ha commentato inoltre Antoine Frérot, CEO di Veolia e vice presidente di AEPW: “il successo richiederà collaborazione e sforzi coordinati in molti settori, alcuni che daranno risultati a breve termine e altri che richiedono importanti investimenti con scadenze più lunghe. Affrontare il problema dei rifiuti in plastica nell’ambiente e sviluppare un’economia circolare della plastica richiede la partecipazione di tutti e l’impegno a lungo termine di imprese, governi e comunità. Nessuno può arrivare ad una soluzione da solo”.

  • 25 gennaio, 2019
  • Ambiente, CARPI, Europa, Notizie
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